Ostriche e…di certo non champagne!

Tutti pensano che l’abbinamento ostriche e champagne sia uno dei migliori al mondo: niente di più sbagliato!
Lo scopo della tecnica di abbinamento cibo-vino è quello di creare armonia tra i vari sapori. Ad un piatto già salato, nessuno aggiungerebbe mai del sale; ad un piatto già acido, nessuno aggiungerebbe del limone!
L’abbinamento perfetto si verifica quando il cibo ed il vino nel nostro palato si sposano e si equilibrano creando un sapore persino migliore di quello che danno il vino e il cibo separatamente.
Le ostriche
L’ostrica è un mollusco bivalve dalla conchiglia tondeggiante ricoperta di lamelle squamose. Le due valve sono disuguali e l’animale è ancorato a quella inferiore, più grande ed incavata della superiore. Il mollusco ha corpo tondeggiante e margini dei due lembi del mantello frangiati.
Vive sulle profondità del mare e per vivere filtra l’acqua del mare, trattenendo il plancton vegetale e altri microrganismi.
L’ostrica comune, ovvero l’Ostrea Edulis, vive in tutti i mari d’Europa, anche nel Mar Mediterraneo, ma le migliori e più famose sono quelle d’allevamento della costa Atlantica, soprattutto francese, nel sud della Bretagna e nella regione del Marennes-Oléron, mentre la più diffusa è la Pacific Oyster, ovvero la Crassostrea Gigas originaria del Giappone. Le ostriche sono famose anche per produrre bellissime perle, ma queste ostriche perlifere vivono nell’Oceano Pacifico.
La storia delle ostriche
L’ostrica è comparsa sulla Terra milioni di anni fa, tanto che è stato rinvenuto un pregiato esemplare con una perla antica di 10 milioni di anni fa. I cinesi sono stati i primi ad allevare le ostriche, ma i greci le amavano tantissimo e ne facevano un consumo “industriale”, tanto da usare i gusci per votare. Anche per gli antichi romani era inconcepibile un banchetto senza ostriche. Il consumo di ostriche cadde in disuso durante il Medioevo per poi tornare a splendere durante il Rinascimento. Di questo in realtà non c’è da stupirsi: la tipologia e il modo in cui viene consumato il cibo è una questione culturale e, si sa, il Medioevo è stato teatro di un affossarsi della cultura stessa. Napoleone, il 4 luglio 1853, redige un regolamento sulla pesca marittima costiera che crea una vera legislazione riguardante l’ostrica e sarà il primo atto di salvaguardia della specie. Nella seconda metà del 1800 il governo francese incoraggia l’importazione delle ostriche per creare i primi allevamenti e intorno al 1970 appaiono in Francia le prime colture in sopraelevazione che permettono di allevare un numero maggiore di ostriche.
Zona di produzione delle ostriche
I più importanti produttori del mondo di ostriche sono la Cina, il Giappone e la Corea e, in Europa, solo la Francia produce grossi quantitativi. In Francia ci sono 7 bacini: Normandia, Bretagna del Nord e del Sud, Loira atlantica, Marennes-Oléron, Arcachon e Mediterraneo. Anche in Italia sono presenti alcuni allevamenti ad esempio nella laguna veneziana e nel Parco Nazionale del Delta del Po.
Specie di ostriche
In commercio se ne trovano di due categorie: quelle piatte e quelle concave.
Le ostriche piatte sono le più pregiate, hanno una forma quasi rotonda ed hanno un odore delicato, ma un gusto molto salmastro.
Tra questa tipologia ci sono la Bélon e la Marenne.
La Bélon è caratterizzata da carni bianche e vive in un’area in cui l’acqua dolce dei fiumi nei momenti di alta marea si mescola all’acqua del mare due volte al giorno. Queste uniche condizioni fanno sì che questa tipologia di ostrica sia caratterizzata da un sapore che ricorda l’aroma di nocciola, un gusto delicato e una grande carnosità.
La Barenne è allevata in bacini, spesso ricavati da antiche saline, è dotata di una carne molto particolare ed ha un colore verdastro dovuto alla presenza di un’alga blu nei bacini dove viene allevata. La sua polpa è avvolgente e persistente.
Le ostriche concave, invece, hanno una forma più allungata e bombata, sono molto più diffuse di quelle piatte ed hanno un odore più marcato, un sapore più salino e un gusto molto forte.
Si possono distinguere in fines (affinate almeno un mese in mare aperto; 20 ostriche/mq); spèciales (affinate almeno 2 mesi in mare aperto; 10 ostriche/mq); pousse (affinate 4-8 mesi in mare aperto; 5 ostriche/mq).
Queste ostriche, se sostano in bacini di acqua dolce poco profondi e argillosi prendono il nome di De Claire (ad esempio le Fines De Claire, che di solito sono le più economiche).

L’allevamento delle ostriche
L’allevamento dell’ostrica, che può essere in piano, sopraelevato o in sospensione, può durare fino a 5 anni e si sviluppa in 4 fasi: captazione, distacco, allevamento e affinamento.
È il tipo di allevamento più sostenibile al mondo, tanto da essere svolto anche nelle riserve naturali, in quanto le ostriche filtrano fino a 220 litri d’acqua al giorno migliorandone la qualità per la proliferazione delle altre specie; inoltre non serve nemmeno dar loro nutrimento dato che le correnti naturali e il flusso dei fiumi hanno tutto il necessario.
Caratteristiche organolettiche delle ostriche
Ogni ostrica ha il proprio “merroir” (così come il terroir per i vini), in base ai nutrienti ed alla densità di questi nell’acqua, alle correnti ed all’ambiente naturale circostante; ma quali sono le loro principali caratteristiche all’olfatto e al gusto, indipendentemente dalla tipologia che gli conferisce un proprio odore, sapore e grassezza, grazie alle quali possiamo abbinarle in modo corretto al miglior vino?
Sono quattro:
salmastro: tutte le ostriche, chi più, chi meno, appena aperte sanno di mare;
sapidità: dovuta all’acqua di mare;
mineralità: anche solo annusandole, si percepisce questa sensazione quasi metallica, di pietra bagnata;
vegetalità: ovvero…sanno di alga!
Quindi, per le regole di abbinamento, di certo non andremo a cercare queste caratteristiche nel vino, per non esaltarle ancor più e rendere quindi sgradevole il nostro momento di piacere.
Bandito, a questo punto, lo Champagne.
Lo Champagne…e le altre bollicine
Di questa bollicina francese ne esistono moltissime tipologie differenti, ma tutte legate bene o male da un filo comune, dato dal terroir e dai vitigni impiegati: note agrumate, profumi che ricordano la frutta a polpa bianca come la pesca, note floreali di glicine, fiori bianchi e fiori gialli, note gessose e spiccata mineralità e, man mano che invecchiano aromi che diventano più complessi tra frutta secca come la mandorla, le nocciole tostate, la crosta di pane e note di crema pasticcera. Note sempre e comunque eleganti e delicate.
Al palato spicca la forte sensazione minerale (tra pietra bagnata e iodio), e l’acidità. Ha un corpo mediamente leggero e alcool contenuto, e le bollicine raffinate avvolgono il palato quasi donando sensazioni di cremosità.
Capite già che le caratteristiche organolettiche dello Champagne molto si avvicinano a quelle del mollusco pregiato: le ostriche con la loro sapidità, mineralità e freschezza abbinate alle bollicine dello Champagne e alla sua mineralità agrumata, sembreranno metalliche, acide, salate e dal gusto pungente!
Non bandiamo però solo lo Champagne, qualsiasi altro Metodo Classico, anche italiano, mal si sposa con questo piatto.

Ostriche e…l’abbinamento perfetto
Scegliamo invece qualche altro vino, bianco, fermo che possa sposarsi alla perfezione: un Muscadet nella sua versione più matura e morbida, uno Chablis oppure uno Chenin Blanc, per restare in Francia; un Riesling della Mosella nelle versioni più morbide e dolci, ma con l’acidità e la mineralità che gli danno spalla come le versioni Spätlese (vendemmia tardiva) o Auslese (selezione, con inizio di attacco di Botrytis cinerea).
E perché non restare nel nostro stivale con l’immensa varietà enologica che la terra e i produttori ci offrono? Via libera quindi a tutte le tipologie di Moscato giallo o bianco, nelle versioni ferme, secco o con un leggero residuo zuccherino: un vitigno aromatico che accompagna e contrasta le note salmastre e marine con i suoi intensi profumi e la sua morbidezza.
Ed è proprio di un Moscato che si è riempito il mio calice.
Sono volata in Sicilia, tra ricordi, profumi e sapori. Alle mie ostriche Krystale ho sposato il Cyane, Moscato bianco di Siracusa DOC 2018 delle Cantine Pupillo (di cui vi ho parlato qualche tempo fa).

Ostrica “krystale”, “cristallo” per il suo guscio dal colore perlaceo brillante. Accenti dolci e forti ma equilibrati. La sua carne lascia aromi marini e una nota leggermente zuccherina. La vena sapida iniziale è, appunto, subito compensata da un’inaspettata nota zuccherina che ricorda lo zucchero di canna.
Nel calice invece trovo note floreali, agrumate, di salvia, leggere note salmastre. Morbido, fresco, un’acidità non estremamente spinta, ha coniugato alla perfezione i sapori al palato, creando un connubio di aromi, sapori e sensazioni tattili piene e morbide estremamente piacevoli.


Un abbinamento azzardato restando in terra siciliana? Con un Marsala Fine. La versione più giovane e semplice di questo vino liquoroso. L’alcol non è esagerato e gli aromi intriganti abbracciano i sapori delle ostriche. Vale la pena tentare!