Chiudi gli occhi…e ascolta il vino

Degustazione bendata

Accolti nuovamente nella suggestiva sala degustazione di Monica Vettor, abbiamo ripreso le nostre degustazioni con un’intrigante serata: “Chiudi gli occhi…e ascolta il vino”.
Ad occhi bendati, i partecipanti, hanno lasciato che il vino li prendesse per mano, lasciandosi abbandonare a richiami, ricordi e suggestioni…

Una serata di spensieratezza con l’obiettivo di divertirsi, giocando con vino e sensazioni: obiettivo centrato!

Il Prosecco Rosè Brut millesimato 2020 di Monica Vettor ha riempito i calici di benvenuto nell’accoglienza degli ospiti, accompagnato da un piatto di prosciutto crudo di San Daniele con pere spadellate e pepe macinato; profumi e sapori che si sono legati alla perfezione con il sorso fruttato, fresco e minerale della bollicina, dove le note di eleganti frutti rossi del Pinot Nero non si fanno sovrastare dal glicine, dai fiori bianchi, dalla mela e dalla pera del Glera.

Giunto il momento di mettere le bende agli occhi, ho iniziato a servire il primo vino.
I profumi inebrianti sono subito giunti al naso, la bollicina morbida e setosa ha subito accarezzato i palati.
È iniziato così il gioco nel cercare di indovinare tipologia, vitigno, zona enologica di provenienza…
Ma, come chi mi conosce ormai sa, a me piace “mettere in difficoltà gli ospiti”, andando alla ricerca di prodotti mai banali, per nulla scontati o che i nostri palati non sono soliti assaporare.
Il Metodo Classico è stato indovinato da tutti.
Scoprendo gli occhi, il colore ha ammaliato subito la vista: un giallo dorato brillante e intenso. Possiamo definirlo un Blanc de Noirs: 85% Sagrantino, che dona struttura e complessità e 15% Chardonnay, che dona cremosità e morbidezza.
Scacciadiavoli Brut Metodo Classico, millesimato 2007, 96 mesi (8 anni!) sui lieviti. Profumi intriganti e complessi; vivace ed equilibrato al palato. La cantina Scacciadiavoli, nasce nel cuore di Montefalco (Perugia), e con più di 100 anni di storia alle spalle, la famiglia Pambuffetti – oggi alla quarta generazione – ne fa l’azienda più storica del territorio. Il nome “Scacciadiavoli” deriva da un esorcista che viveva ai confini dell’attuale proprietà e che utilizzava il vino del luogo per i suoi rituali. Terra d’elezione del Sagrantino che cresce su terreni argillosi, lo Scacciadiavoli Brut è un’insolita veste di questo vitigno, da sempre conosciuto nella sua classica veste “in rosso” da lungo affinamento. Le sue inconfondibili note balsamiche, tra cui spicca il mirto, escono anche da questa bollicina lavorata con maestria ed eleganza, donando una beva insolita, piacevole e non omologata.

Richiudiamo nuovamente gli occhi per abbandonarci al secondo calice: profumi intensi di fiori gialli, fiori di campo, pera, mela cotogna e mela verde accompagnati da una spiccata nota minerale di pietra focaia. Qui i pareri degli ospiti hanno iniziato ad essere contrastanti…sono sorti dubbi (non sul fatto però che fosse un vino bianco) e perplessità. Tolte le bende, hanno scoperto un giallo intenso con riflessi dorati. Nessuno si aspettava un Pinot grigio delle Grave del Friuli.
La produttrice è tra noi. Beh, non poteva essere diversamente essendo la padrona di casa!
Monica ha presentato il Suo Pinot grigio DOC Friuli Grave 2020, di cui va molto fiera. Non è il solito Pinot grigio che siamo abituati a bere, per questo ha tratto in inganno i nostri sensi. Sei ore di macerazione sulle bucce che regalano un colore caldo e degli aromi intensi, un sorso rotondo sorretto da una buona acidità. La mano dell’enologa Vincenza Folgheretti, che nei vini di Monica ha messo la sua impronta toscana.

Le bende tornano a coprire gli occhi e si passa al terzo vino. I profumi cambiano completamente: frutti di bosco (lampone, mora, mirtillo), ciliegia, prugna, fragola, impreziositi da note speziate tra cui prevale la vaniglia, leggere note fumè e leggeri sentori erbacei e balsamici. Regala quasi una sensazione di “panne e fragola” al naso. Al palato non è estremamente strutturato, i tannini sono sostenuti da una buona acidità che ne denota la giovinezza. Anche qui i pareri sono stati discordanti e si è spaziato un po’ in tutta Italia nominando svariati vitigni a bacca nera. Scoprendo gli occhi, i partecipanti si sono trovati un calice dal rosso rubino non particolarmente intenso, con leggeri riflessi granati. Inizialmente sono apparsi ancora un po’ confusi. Siamo in Alto Adige, a Termeno, dove la Cantina Tramin ci regala questo Pinot Nero Alto Adige DOC 2018 che prende il nome “Marjun” da una fascia detritica calcarea sovrastante i vigneti (nell’antica lingua indoeuropea prelatina “marra” significa “detriti”). Le uve di Pinot nero nascono, appunto, in terreni calcareo-argillosi in una zona collinare compresa tra i 350 e i 650 metri sul livello del mare. I vigneti sono soggetti ad una forte escursione termica, con giornate calde e notti fredde, che arricchisce gli acini di aromi; l’uva è interamente raccolta a mano e, dopo la vinificazione, affina per 11 mesi in botti di rovere a cui segue l’assemblaggio nei tini di legno dove il vino continua l’affinamento prima di essere imbottigliato.

Quale miglior abbinamento se non un piatto di gnocchi con un cremoso sugo di funghi con porcini?!

Servito e assaporato il connubio di sapori, la serata si è avviata verso la conclusione con l’ultimo vino degustato alla cieca: Moscato Rosa IGP delle Venezie 2019 di Emilio Bulfon. Alberta, figlia di Emilio, era tra noi a presentare questa chicca finale, dal suo colore unico: rosa intenso, quasi rosso fragola…che seduce già alla vista. I profumi ricchi e ruffiani di fragola, pesca e soprattutto rosa lo identificano nella varietà e nel nome. Intenso ed ampio al naso, così come al sorso; dolce, morbido, ma non stucchevole; bilanciato dalla sua caratteristica nota amara finale.
Un piacere per il palato, ancor più apprezzato abbinato alle vere fritole veneziane con uvetta per concludere un’intrigante, divertente serata.