Torre Colombera. una riserva di storia e profumi.

La torre colombera o torre colombaia è un edificio a pianta quadrata, tipica del paesaggio rurale fin dal medioevo, legata in particolare ai regimi feudali, che si servivano dell’allevamento dei colombi per diversi scopi, quali l’agricoltura, la concimazione dei terreni, la caccia, l’alimentazione o per fini di protezione. Il privilegio di tenere colombi costituiva del resto un esplicito diritto dei feudatari, come è stato documentato fin nel XIV secolo in Lombardia ed in Emilia, e che, tuttavia si differenziava per aree e per prestigio sociale, com’era ad esempio precisato dalla legislazione in Francia. Successivamente, ai predetti scopi se ne aggiunsero altri, come l’utilizzo militare, per le comunicazioni o per il tiro al piccione in ambito sportivo.
Nella maggioranza dei casi avevano la forma circolare, ma potevano anche essere di forma quadrangolare. All’interno si trovavano le cellette che ospitavano i volatili per il loro allevamento. Spesso tali torri avevano doppia funzione di torre colombaia e di torre di avvistamento; ad ogni modo, esse, non avevano alcuna funzione difensiva attiva, data la loro inadeguatezza a tale compito, e potevano solamente essere d’aiuto per intimorire il nemico in arrivo, incapace di distinguere, per via della distanza, la reale natura della torre.
Va tuttavia osservato che Pietro de’ Crescenzi nel trattato Ruralium Commodorum libri XII (scritto tra il 1304 ed il 1309) consigliava, per meglio difendere un podere dai briganti, di dotarlo di una piccola torre e, negli stessi anni, gran parte delle aziende agricole del territorio pavese erano dotate di piccole torri provviste, all’ultimo piano, di colombaia. Se quindi tali strutture potevano rivelarsi inefficaci contro grossi corpi di uomini armati, avevano sicuramente maggiore fortuna, come fortificazioni di rifugio, contro attacchi di briganti o di piccole bande di saccheggiatori.
“Torre Colombera” per i Principi di Porcia e Brugnera (Pordenone), è il vino rosso IGT dedicato alla torre omonima, sita nella proprietà di famiglia, testimone di molti e importanti momenti storici. Dalla loro Torre Colombera, i colombi viaggiatori, ambasciatori del territorio, spiccavano il volo e giungevano per annunciare legami, alleanze strategiche o l’arrivo di importanti ospiti, come Carlo V nel 1532 ed Enrico II Re di Francia nel 1574, ed encomi per eroi come Silvio di Porcia ritornato vittorioso dopo la battaglia di Lepanto.
Questa Riserva, nasce proprio per far gustare in un calice la storia della famiglia di Guecello di Porcia (e dei suoi avi) e trasmettere, come un tempo, un buon augurio attraverso un vino fatto con sapienza, cultura e tradizione con i tre vitigni rossi principali del territorio: Cabernet Franc, Merlot e Refosco dal peduncolo rosso.


Torre colombera, Rosso IGT Venezia Giulia, io ho stappato l’annata 2010, 14° alcol. (Cantina Principi di Porcia e Brugnera), ho assaporato i suoi profumi e la sua struttura e ci ho sfumato un risotto con radicchio rosso trevigiano.
A questo vino prendono parte, come detto prima, le uve di Cabernet Franc (20%), Merlot (40%) e Refosco dal Peduncolo rosso (40%) che crescono in terreni a tessitura franco argilloso-limosa, moderatamente calcarei e sub alcalini nei vigneti di proprietà di Azzano Decimo e Porcia (Pordenone), che hanno un’età media di 40 anni. Le uve vengono raccolte a maturazione in cassettine e sottoposte ad un appassimento naturale nei locali aziendali per un periodo di circa 3 mesi, variabile in base all’annata. Vengono poi pigiate e fatte fermentare con lieviti selezionati per ottenere un vino ricco ed estremamente concentrato. Durante la lunga macerazione, fino a 50 giorni, vengono eseguiti giornalmente delestage e rimontaggi. Dopo la pressatura, che avviene con piccoli torchi, il vino viene affinato in barriques di rovere francese con grana extra fine per almeno 4 anni. Dopo un breve affinamento in vasca il vino viene imbottigliato e lasciato ulteriormente maturare per circa 12 mesi in bottiglia prima di essere commercializzato.
Al calice si presenta rosso rubino intenso, con sentori che spaziano dalle note fruttate di ribes, cassis, confettura di fragoline di bosco, amarene, prugne a quelle di fiori secchi, note vegetali di fieno, note soffuse balsamiche di eucalipto, note fumè e tostate, di fave di cacao e caffè. Una complessità aromatica che ritroviamo anche al sorso. Caldo, pieno, morbido, ma con ancora una leggera spalla acida che gli conferisce ancora tempo di equilibrarsi ed evolversi. Persistente di struttura e di note al retrolfatto in cui prevalgono la prugna, il cassis e il cioccolato.
Io ho sfumato il risotto con il radicchio e l’ho accompagnato al piatto in un egregio abbinamento di profumi e sapori; ma questo è un vino che richiede, per sua predilezione, anche portate più strutturate come un brasato o della selvaggina: provatelo con un filetto di cervo con salsa ai frutti rossi oppure con un daino al cacao e vedrete che esplosione di sensazioni al palato.

La ricetta del risotto al radicchio rosso di Treviso
sfumato con Torre Colombera
Ingredienti per 4 persone
320 g di riso Vialone nano
Mezza cipolla bianca piccola
Un cespo di radicchio rosso di Treviso
Brodo vegetale
Sale
Un calice abbondante di Torre Colombera
Olio evo
Burro
Formaggio grattugiato

Tritare la cipolla finemente e farla imbiondire con un po’ d’olio evo in una pentola; aggiungere il riso e farlo tostare per bene. Sfumare con il vino Torre Colombera e, a fiamma alta, far evaporare l’alcol. Aggiungere il radicchio lavato e tagliato grossolanamente. Bagnare con il brodo e procedere con la cottura. Aggiungere sale e a, fine cottura, mantecare con del burro freddo da frigo e, a piacere (io non l’ho messo per gusto personale), del formaggio grattugiato.
Servire…con un buon calice di vino Torre Colombera della Cantina Principi di Porcia.