HUM, Moscato di Terracina secco DOC, Cantina Sant’Andrea

Quando il moscato non è dolce
Mentre tutti continuano a brindare in questi ultimi giorni di festa con Moscato dolce, che sia fermo dal Trentino, Alto Adige o Sicilia o, molto più spesso, spumantizzato spaziando da Asti ai Colli Euganei, io decido di andare contro corrente.
Scelgo un Moscato dei meno conosciuti: scendo verso il sud Italia e mi fermo vicino alla capitale, a Terracina (nel vigneto di Campo Soriano per la precisione, Monumento Naturale e Parco regionale), dove la cantina Sant’Andrea, lo coltiva e lo vinifica nella sua veste più originale ed unica, quella secca.
La brezza marina che si incanala nella valle gli dona ricche note minerali con l’aiuto del particolare terreno di origine carsica caratterizzato da argille rosse, in cui crescono le viti.
Giallo paglierino intenso con quei riflessi dorati e caldi che già preannunciano un vino morbido e strutturato al palato.
Un vino che nasce in modo particolare: l’azienda sceglie di vendemmiare le uve in periodi diversi. Circa un 25% viene raccolto attorno la metà di settembre, un po’ in anticipo sulla completa maturazione per avere una buona acidità, un 50% delle uve viene raccolto verso fine settembre a completa maturazione e il restante 25% viene lasciato in pianta e raccolto verso la prima metà di ottobre.
I grappoli profumati di Moscato di Terracina vengono raccolti a mano, diraspati delicatamente e macerati a freddo per 6/8 giorni durante i quali si avvia la fermentazione che avviene con lieviti indigeni, quelli autoctoni, propri del territorio e della pianta. Una soffice pigiatura li rende pronti per la completa fermentazione a temperatura controllata.
Le uve così come vengono raccolte in periodi separati vengono anche separatamente vinificate per poi essere unite e dar vita a questo intrigante Moscato che poi riposa per circa un mese, travasato e lasciato sulle fecce fini per alcuni mesi effettuando periodici batonnage (mescolamenti della massa per rimettere in sospensione le fecce del vino).
Viene imbottigliato e lasciato infine affinare per 6 mesi prima della commercializzazione.
Un vino al naso intenso e tipico nelle note fruttate e calde di moscato; c’è la frutta a polpa gialla e quella tropicale, c’è l’albicocca che spicca tra le note minerali e di rosa appassita. Ci sono le note zuccherine che preparano il palato che, all’assaggio, viene stupito: zucchero non ce n’è. Ricchezza, pienezza ed intensità di aromi e mineralità nella sua inconsueta, per i più, secchezza ed acidità.
Un Moscato che non vuole proprio abbracciarsi ai panettoni, al Pandoro e ai dolci di questi giorni, ma che preferisce sposarsi con piatti ben diversi: formaggi stagionati, pecorini ed erborinati, come consiglia il produttore oppure crudi di pesce, frutti di mare e, per rimanere in aria di festa, perché no con delle ostriche fresche?!