Barone di Villagrande

Siamo a Milo, in provincia di Catania, a 750 metri s.l.m., ai piedi del versante est dell’Etna, dove la DOC Etna Bianco può avvalersi qui, e solo qui, della menzione Superiore.
Siamo nell’azienda Barone di Villagrande, la prima sorta sull’Etna e giunta oggi alla decima generazione della famiglia Nicolosi, con Marco, enologo e direttore della produzione, e la moglie Barbara Liuzzo, responsabile della comunicazione e del marketing.
I primi antenati di questa famiglia vivevano e lavoravano su queste terre già alla fine del ‘600.
Ad inizio ‘700 il Vescovo di Catania affida alla famiglia di Asmundo Nicolosi il compito di trasformare le impervie terre dell’Etna da un “luogo orrido ed incolto ad un delizioso giardino”; gli antenati della famiglia Nicolosi si rimboccarono le maniche.
Nel 1727 l’imperatore Carlo VI d’Asburgo, re di Napoli, conferisce a Don Carmelo Nicolosi il titolo di Barone di Villagrande. La famiglia mette radici sempre più salde e il legame con l’uva diventa indissolubile, dando vita alla storia più antica di coltivazione dei vigneti su queste terre, che continua ancora oggi. Passano le generazioni, dal regno delle due Sicilie, alla neonata Italia. L’Italia ha 8 anni quando nel 1869 Paolo Nicolosi crea la nuova cantina di vinificazione e affinamento. Ed è proprio il bisnonno Paolo il primo ad utilizzare una vinificazione separata per le uve bianche e le uve rosse. Volle creare vini diversi per valorizzare le diverse uve e le loro specificità. Quello che creò Paolo fu l’antenato dell’attuale Etna Bianco Superiore. Nel 1968 quando viene riconosciuta la DOC ETNA, la prima DOC in Sicilia, il disciplinare fu scritto dal padre dell’ultima generazione, Carlo Nicolosi Asmundo, docente universitario di enologia e tecniche alimentari dell’Università di Catania.

Milo offre da qui un panorama strepitoso: i vigneti a terrazzamento sulle pendici ripide hanno il vulcano alle spalle e guardano il mar Ionio; sono circondati da boschi di querce e di castagni che contribuiscono a creare uno scrigno di territorio unico; il clima e i terreni sono ‘etnei’: un mix di caratteri continentali e mediterranei che non si trovano altrove al mondo. L’influenza del mare mitiga gli effetti dell’altitudine e del vulcano attivo; qui la piovosità è fino a dieci volte maggiore che nel resto della Sicilia e in inverno le temperature minime possono andare sotto gli 0°C, risultando pericolose per la vite, mentre in estate, proprio grazie all’altitudine e alla brezza dal mare, le temperature massime non sono mai elevate come nel resto della regione e la pioggia e quasi inesistente, ulteriormente attenuata, quando si presenta, dalla pendenza del terreno, fortemente drenante per via della sua composizione lavica. Una forte matrice vulcanica, ricca di ferro e rame, con un buon livello di potassio e magnesio, pochissimo azoto e priva di calcio, da cui ne derivano vini con delle proprietà organolettiche a dir poco uniche. Una vera benedizione per queste uve, inoltre, è la forte escursione termica tra giorno e notte che, nella stagione autunnale, arriva fino a 30°C, riflettendosi in vini con una gradazione alcolica più bassa rispetto alla media dei vini siciliani, con una particolare ricchezza di acidità fissa di estratti.
Carricante, Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio tra gli autoctoni coltivati a guyot e cordone speronato, che ricoprono 18 ettari vitati sui terrazzamenti attorno al fulcro che è la cantina, in cui possiamo ancora osservare un ricordo storico della vinificazione di questa zona enologica: il palmento. Una vasca ampia e non troppo profonda con un vecchio torchio utilizzata in passato per pigiare le uve e per la fermentazione del mosto.

Tre i vini assaggiati che possono riassumere la personalità dell’azienda Barone di Villagrande:
Etna Bianco DOC Superiore 2017, Carricante per il 90% con una piccola percentuale in aggiunta di altri vitigni autoctoni per equilibrarlo al meglio; rimane naturale nella sua freschezza e mineralità con una vinificazione completamente in acciaio. La sua buona acidità, la sua freschezza, le note floreali che ricordano la zagara e quelle di frutta bianca lo rendono ottimo per del pesce azzurro o della carne bianca alla brace o, semplicemente, come nel nostro assaggio, con le profumatissime olive siciliane per un aperitivo semplice ma importante (anche di alcol – 13.5°).
Etna rosato DOC 2018 in cui, accanto ad un 10% di Carricante, prende parte il Nerello Mascalese, altro vitigno tipico della zona. Un rosa buccia di cipolla agli occhi che ricorda il cielo con il sole al tramonto. Sentori floreali decisi, agrumati di arancia rossa e pompelmo rosa e l’immancabile mineralità vulcanica. Ottimo con i pomodorini datterini secchi con olio siciliano e origano, con una gustosa caponata, con il tonno sott’olio o i primi piatti a base di pomodoro, con tutti i profumi e i sapori della Sicilia insomma.
Sciara Terre Sicliane IGT 2015 l’ultimo assaggio: Nerello mascalese che esprime tutte le sue tipicità, con una piccola percentuale di Merlot. Un rosso deciso, fruttato e speziato, ottimo con i piatti di carne rossa o del tonno alla griglia.
Qui, più che altrove, il territorio unico e indissolubile è presente davanti agli occhi e sempre nel calice, in qualsiasi vino si scelga di assaporare. E mai come per questi vini, gli abbinamenti con i piatti del territorio sono i più azzeccati.


