Pisco, la cultura delle Ande distillata

In una sola goccia un milione di anni di sole

Giovedì 21 aprile ho organizzato con ANAG ed i colleghi degustatori Mauro Bonutti ed Alessandra Zoccolan, una serata per conoscere e degustare il distillato peruviano più famoso: il Pisco.
Quattro differenti sfaccettature in degustazione per concludere con il Pisco Sour; il tutto accompagnato da finger food dal sapore peruviano curati dalla gastronomia Fior di Sale.

Il Pisco, bevanda nazionale del Perù, è un’acquavite di vino, bianco o rosato, da uve aromatiche o non aromatiche.
Non appartiene però alla famiglia dei Brandy in quanto, per legge, a differenza di questi, non può subire invecchiamento.

Perù vs. Cile: chi è arrivato prima?

Il Pisco nei due Paesi assume connotazioni differenti. Si dibatte, tuttavia, come spesso accade, sulla patria potestà tra le due nazioni.
In Perù troviamo la prima testimonianza scritta risalente al 1613; in Cile, però, il Disciplinare di produzione vede la nascita ben prima di quello del Perù.

La storia

Tutto ha inizio nel 1532 quando Francesco Pizzarro arriva in Perù (dopo Cortés in Messico), portando sangue, religione e…vino. Porta con sé soprattutto le piante per produrlo: le barbatelle.
Anche il Marchese di Caravantes, nel 1553, portò dalle Isole Canarie alcune piante di vite che vennero piantate nelle soleggiate valli intorno ad Ica e la semina ottenne subito risultati straordinari.
Nel giro di pochi anni il Perù diviene, così, il paese latino-americano più importante nella produzione di vino.

Quando però, nel 1595, la Spagna si trova invasa dal vino peruviano più economico e la concorrenza cominciò a danneggiare i produttori spagnoli, questi chiesero e ottennero che il Re di Spagna vietasse la produzione di vino in Perù: Filippo II di Spagna emanò un editto che sancì l’aumento delle tasse sulle vigne dei possedimenti di oltreoceano. Questo provoca un immediato innalzamento delle scorte di vino della colonia sudamericana, privata di un’importante valvola di sfogo, che non poteva essere compensata dalle vendite sul mercato interno. I proprietari dei vitigni quindi, per non sprecare l’uva e le eccedenze di vino, provarono a distillare il mosto ed ottennero così il Pisco

Risale al 1613 la prima testimonianza scritta dell’esistenza del Pisco: Pedro Manuel, cittadino di Ica, lascia in eredità una partita di Pisco e relativi alambicchi.

Nell’800 il Pisco si diffonde tra i cercatori d’oro della California complice l’ottimo rapporto qualità/prezzo. Diventa così un distillato comune fra tutta la popolazione americana.

Terroir

Le uve per la produzione del Pisco crescono su un territorio in generale desertico, con scarse precipitazioni. Le vigne albergano nelle valli irrigate dagli Incas e spesso incastrate tra i rilievi delle Ande.

La regione di Ica si trova a 60 km dalla costa e a 500 m slm, vanta il terreno più fertile. Qui si concentra il 65% della produzione agricola del Paese.

Forti escursioni termiche tra giorno e notte (dai 35° ai 10° nelle ore notturne): il fresco sale dal suolo, il caldo proviene dall’irraggiamento mattutino, non piove praticamente mai, permettono la concentrazione degli aromi e degli zuccheri, con un buon bilanciamento della quantità di acidi, negli acini.

Zone di produzione

Per normativa il Pisco può essere prodotto solo in cinque zone, lungo la costa sud del Perù, verso il confine con il Cile: Lima, Ica, Arequipa, Moquegua, Tacna.

Il nome

Ci sono numerosi elementi storico linguistici sull’origine della denominazione del distillato “pisco”.
La parola “pisco” è Quechua e significa “uccello”.
Furono infatti gli Inca ad utilizzare per primi il termine per individuare la zona dove oggi sorge appunto la città ed il porto di Pisco a causa della massiccia presenza di questi uccelli lungo le baie della zona.
Ed è proprio a Pisco, nelle vicine Ica e Nazca, dove si è iniziato a produrre il distillato peruviano “Pisco”.

Con il termine “pisco” o “pischos” si indicava anche una casta di antichi vasai famosa per la creazione di grosse giare in argilla denominate “pisco botijas” o semplicemente “piscos”. Era in queste giare che inizialmente veniva messo a riposare il distillato.

Dal punto di vista geografico, il nome è ovviamente legato al porto di Pisco, fondato nel XVI secolo. È stata rinvenuta una carta geografica datata 1574 in cui la città di Pisco era già indicata, situata nella regione di Ica (dove si produce oggi il Pisco).

Le uve

Sono 8 i vitigni ammessi per la produzione del pisco; vengono chiamate uve pisqueras e sono Quebranta, Negra Criolla, Uvina e Mollar (non aromatiche), Italia, Torontel, Albilla e Moscatel (aromatiche). Le loro qualità variano a seconda del clima e del tipo di terreno delle cinque regioni in cui è ammessa la produzione del distillato.

Processo di produzione

Il Pisco è probabilmente uno dei distillati più puri e naturali al mondo.

Prodotto da mosto d’uva tramite tecniche tradizionali che si tramandano di generazione in generazione da quasi quattro secoli.

Il succo d’uva viene fermentato e distillato senza aggiunta di alcun altro ingrediente, nemmeno l’acqua.

La gradazione alcolica deriva quindi dalla quantità di zucchero naturalmente presente nell’uva.

Le uve vengono raccolte a piena maturazione; vengono poi lasciate macerare nel mosto per 24 ore. Le bucce galleggiano e si separano dal succo che viene pompato in serbatoi di fermentazione. Le bucce vengono quindi pompate in presse pneumatiche per la spremitura finale.
La fermentazione inizia subito; spesso naturale con lieviti autoctoni. Il processo richiede normalmente dai 10 ai 20 giorni in media a seconda della quantità di zucchero e succo nelle uve, e dall’oscillazione della temperatura atmosferica (la temperatura in fermentazione, infatti, non viene controllata).
In alcuni casi la fermentazione non viene completata, ma viene lasciato un residuo zuccherino, al fine di preservare al meglio i profumi.
Il contenuto alcolico finale nei mosti appena fermentati varia tra l’11 ed il 14%.

La distillazione

I mosti fermentati vengono subito trasferiti negli alambicchi in rame.

Alambicchi discontinui, portati dalle missioni cristiane dalla Spagna, alimentati a fuoco diretto.

Si effettua una sola distillazione con taglio delle teste e delle code e si ottiene un distillato che, per Disciplinare di produzione, prevede abbia al massimo 48° alcolici e 38° alcolici minimi.

Tipologie di Pisco

• PURO: da mosti completamente fermentati. Generalmente monovitigno.
• MOSTO VERDE: da mosti parzialmente fermentati.
• ACHOLADO: blend di diverse varietà.
Deve riposare minimo 3 mesi, nelle bottiglie o in recipienti di acciaio prima di essere venduto.
È proibito l’invecchiamento in legno.

La degustazione

Abbiamo degustato quattro tipologie dell’azienda Barsol.
L’affiancare diversi prodotti della stessa azienda ha permesso di confrontare al meglio le tipologie ottenute dalle stesse mani, affinché altre variabili non influenzassero il distillato in assaggio.

• Pisco Quebranta (41,3°)
Il Pisco classico, tradizionale, prodotto con uve Quebranta (nere, non aromatiche).
Elegante al naso, fruttato con ricordi di mela cotogna e uva rossa. Rustico all’entrata al palato per poi ammorbidirsi in una nota zuccherina finale.
• Pisco Torontel (41,3°)
Da uve bianche aromatiche che conferiscono la caratteristica nota moscatata al naso; fruttato con sentori di pesca e albicocca, agrumato, speziato di pepe bianco, anice, liquirizia.
In bocca esplode aromaticamente. Complesso con un ampio bouquet di aromi.
• Pisco Acholado (41,3°)
70% Quebranta, 20% Italia, 10% Torontel.
Il blend di diverse uve conferisce maggior complessità al naso. Esplodono principalmente note floreali a cui seguono quelle fruttate; reso elegante da una nota di vaniglia sul finale.
• Mosto Verde Italia (41,8°)
Floreale, fruttato, con una leggera nota vegetale e di buccia di limone verde. Fine, armonico.
Elegante e morbidissimo al palato. È il più pregiato tra le tipologie di Pisco.

Alla degustazione sono stati abbinati dei finger food curati dalla Gastronomia Fior di Sale:
– Roastbeef, peperoni grigliati, olio di sesami e semi di sesamo, salsa di soia dolce
– Tart al ragù di pasti e crumble al parmigiano
– Quinoa, curry, asparagi bianchi e verdi e piselli

Quale miglior conclusione se non un fresco e profumato…

Pisco Sour ?!

Il sour è un cocktail formato da una base di distillato, succo di limone (o lime) e un dolcificante (liquore o succhi).
Il Pisco Sour nasce grazie a Victor Morris, immigrato americano di Salt Lake City che nel 191
33 si trasferì in Perù. Dopo un iniziale periodo passato a lavorare per la Cerro de Pasco Railrood, aprì il Morris Bar in centro a Lima che divenne in pochissimo tempo luogo di ritrovo dell’alta-classe peruviana e degli immigrati di madrelingua inglese.
Morris iniziò a servire il Pisco Sour nel suo bar come alternativa al Whisky Sour e il cocktail rimase popolare anche dopo la sua morte (nel 1929).

È il cocktail nazionale del Perù, essendo il Pisco la sua bevanda nazionale; tant’è che il primo sabato di febbraio si festeggia la sua festa nella nazione.

Viene prodotto con Pisco, succo di Limone, zucchero, albume, bitter e ghiaccio a cubetti.
Noi l’abbiamo abbinato ad una Tart al limone e meringa a richiamo dei suoi ingredienti.

Eleganza e freschezza al palato per concludere la nostra serata sulla cultura delle Ande distillata.

Grazie a Diego e Valeria di Fior di Sale per cogliere sempre al meglio le mie richieste.
Grazie a Monica Vettor per averci concesso la sua meravigliosa sala degustazione.
E, non da ultimo, grazie a tutti i partecipanti della serata: soci ANAG e non che hanno voluto condividere questo viaggio andino con noi.