Principi di Porcia, la Cantina del Castello

Cantine Aperte 2021
Anche noi abbiamo fatto sentire la ripartenza, aprendo le porte della Cantina del Castello dei Principi di Porcia, a Porcia (Pordenone), con due degustazioni guidate durante il week end di Cantine Aperte 2021 organizzato dal Movimento Turismo del Vino.
Ai partecipanti ho voluto far ripercorrere con la mente e con i sensi la storia della famiglia e dell’azienda, trovandoci tra le mura della sede storica della cantina del Castello, all’ombra del campanile e del Duomo di Porcia.
L’azienda Principi di Porcia ha alle spalle 8 secoli di tradizione nel settore agricolo. Quest’anno 840 anni per la precisione.
La cantina storica nasce qui, dove oggi sono rimasti solamente il punto vendita, un’antica sala di degustazione da poco ristrutturata, le vecchie botti di legno e una lunga memoria.
La sede principale dell’azienda, con la cantina produttiva, è da venticinque anni circa sita ad Azzano Decimo, attorniata dalla maggior parte dei vigneti di proprietà, le coltivazioni di foraggio, orzo, mais, soia, noci, asparagi e molto altro, l’allevamento di bestiame e l’impianto di produzione biogas che garantisce la massima efficienza di sostenibilità ambientale.



LE ORIGINI
Ma partiamo dalle origini…
La famiglia Principi di Porcia e Brugnera, oggi rappresentata dal Principe Guecello che, all’inizio della degustazione ci ha onorati della sua presenza, il Conte Paolo con le loro famiglie e dai cugini del ramo di Oderzo, è una delle più antiche casate nobili del Friuli.
Risalgono al 1164 le prime testimonianze della famiglia feudataria dei Da Prata che risiedevano a Prata nel Castello del paese, con il capostipite Guecello da Prata, quale capitano generale del Patriarca di Aquileia, dei Vescovi di Belluno e di Ceneda di Treviso.
Gli fu attribuito il titolo di Conte libero, che incoronò così la famiglia del titolo di nobilità.
Guecello ebbe due figli: Gabriele, che diede origine al ramo Prata e Federico al ramo Porcia e Brugnera. Agli inizi del 1200, Gabriele e Federico, definirono così i confini dei propri beni: i Da Prata come avogari delle chiese di Concordia e i Di Porcia e Brugnera come avogari di Ceneda.
Nel corso dei secoli, i membri di questa insigne famiglia hanno raggiunto posizioni eminenti nei vari governi che si sono succeduti nel territorio friulano, anche in qualità di condottieri, alti prelati ecclesiastici, grandi diplomatici ed eccellenti accademici di gran fama.
Nel 1300, con la politica di espansione veneziana, le cose mutarono.
La Serenissima iniziò a dirigersi verso l’entroterra, volendosi garantire così il libero accesso alle vie commerciali che, attraverso le Alpi, la mettevano in relazione con il centro e il nord Europa. Quando i veneziani partirono alla conquista del Friuli, in un primo tempo i Da Prata assieme ai Di Porcia si schierarono con loro. Poi mutarono alleato mettendosi dalla parte di Lodovico di Teck, sostenuto da Sigismondo di Ungheria, che mal sopportava il dispotismo di Venezia.
Dopo alterne vicende della guerra, alla fine, i veneziani ebbero il sopravvento e nel 1419 assediarono il castello di Prata, apportando totale distruzione e rovina della terra dei discendenti di Gabriele. La famiglia si trasferì così prima in Austria e poi in Ungheria, dove portò avanti la discendenza ed il nome di Conte dei Da Prata.
Il ramo della famiglia Porcia e Brugnera, per non fare la fine dei parenti pratensi, accettò la sottomissione alla repubblica di Venezia, evitando così la distruzione.
Passarono gli anni ed in Ungheria, tra i discendenti di Gabriele Da Prata, non nacque più alcun figlio maschio e per non fare perdere il tramandare del titolo nella storia, questo passò ai Di Porcia e Brugnera che, nel frattempo si erano trasferiti in Austria, che vennero così insigniti del titolo di Principi.
Solo tra gli anni ’50 e ’60 la famiglia, e così anche il titolo nobiliare, ritornò “in patria”, nel castello di Porcia, con il Principe Gherardo, padre di Guecello.



IL CASTELLO
Il castello si presume che sia stato costruito nel 1492 ed edificato in varie riprese. Fu sempre dimora dei Principi di Porcia e subì negli anni pesanti devastazioni, specialmente terremoti e alcuni incendi.
Molti personaggi importanti passarono di qui… Nel 1532, proprio le sale dove poi nacque la cantina, ospitarono Carlo V.
Ora il castello è abitazione privata del Principe Guecello e della sua famiglia.
LA CANTINA IERI
La tradizione della famiglia nel settore agricolo è sempre esistita. Il vino veniva prodotto e consumato però sempre ad uso privato; solo nel dopoguerra venne aperta la rivendita al pubblico nella cantina del castello di Porcia.
Fino agli anni ’80 il vino veniva prodotto sia a Porcia che nella nuova sede dell’azienda di Azzano Decimo, poi la produzione di spostò totalmente ad Azzano Decimo per questioni di spazio, disposizione di nuove tecnologie e praticità.
Il primo vino che ho fatto degustare rappresenta i vini di ieri, da sempre coltivati e prodotti nelle nostre campagne:
Traminer Aromatico Friuli DOC 2020, Castello di Porcia.
Un vitigno aromatico a bacca rosa diffuso soprattutto in Alto Adige e in Friuli Venezia Giulia. Probabilmente è nato dall’incrocio di vitigni selvatici dell’Europa centrale e centro-orientale. Nelle terre del Friuli si coltiva da sempre, tra i grandi bianchi della tradizione.
Caratterizzato da un profumo intenso specialmente di frutta esotica che ricorda il litchi, il mango, l’ananas e la banana, accompagnato da note floreali di petali di rosa e ginestra. Emergono anche note di pepe bianco e leggera noce moscata; note speziate che, con l’affinamento in bottiglia, si evolveranno sempre più, rendendo onore al suo nome: in tedesco Gewürztraminer, dove “Gewürz” significa proprio spezia. Al palato è fresco, con una spiccata acidità segno della sua giovinezza, che viene ammorbidita dall’esplosione di aromi che sentiamo al retrolfatto.

Un vino che necessita di piatti non troppo strutturati ma ricchi di profumi che gli fanno spalla.
Io l’ho proposto con un crostino di trota salmonata autoctona (che cresce nel Rio Bujon, nei pressi del Castello di Porcia) affumicata a freddo, accompagnato da alcuni frutti di cappero.
Il secondo vino degustato rappresenta l’identità della cantina: Torre Colombera, Rosso IGT Venezia Giulia 2011, 14°alcol.
La torre colombera o torre colombaia è un edificio a pianta quadrata, tipica del paesaggio rurale fin dal medioevo, legata in particolare ai regimi feudali, che serviva all’allevamento dei colombi per la concimazione dei terreni, la caccia e l’alimentazione. Spesso tale torre aveva anche la funzione di torre di avvistamento e forniva un aiuto nell’intimorire il nemico, soprattutto i briganti che, da lontano, non distinguevano la reale natura della torre.
“Torre Colombera” per i Principi di Porcia e Brugnera (come vi avevo già raccontato) è il vino rosso dedicato alla torre omonima, sita nella proprietà di famiglia, testimone di molti e importanti momenti storici. Dalla Torre Colombera i colombi viaggiatori spiccavano il volo e giungevano per annunciare legami, alleanze strategiche o l’arrivo di importanti ospiti. Furono proprio i colombi ad annunciare l’arrivo di Carlo V nel 1532 che, come detto prima, soggiornò poi nelle stanze che furono poi la cantina del castello.

Questa Riserva nasce per gustare in un calice la storia della famiglia di Guecello di Porcia (e dei suoi avi) e trasmettere, come un tempo, un buon augurio attraverso un vino fatto con sapienza, cultura e tradizione con i tre vitigni rossi principali del territorio: Cabernet Franc, Merlot e Refosco dal peduncolo rosso.
Rosso rubino intenso con riflessi leggermente granati, con sentori che spaziano dal ribes, al mirtillo alla confettura di frutti di bosco, amarene, prugne, fichi secchi a quelle vegetali di fiori essiccati, fieno, note soffuse balsamiche di eucalipto e menta, note fumè e tostate, di fave di cacao e caffè. Una complessità aromatica che ritroviamo anche al sorso. Un’entrata morbida con un leggero residuo zuccherino donato dall’appassimento delle uve, che si apre poi avvolgendo il palato di sensazioni calde e morbide.
Un’acidità e un tannino ancora ben presenti che gli danno modo di crescere, evolversi ed equilibrarsi ancora nel tempo. Otto anni in barrique di rovere ed un anno di affinamento in bottiglia che, però, non l’hanno reso ancora totalmente maturo ma un vino da dimenticare ancora un po’.
Immancabili i piatti di carne strutturati per l’abbinamento: brasati e selvaggina da pelo.
Una rusticità che ho voluto ricercare proponendo l’abbinamento con della polenta gialla abbrustolita e la Peta IGP, tipico salume della montagna del pordenonese.

LA CANTINA OGGI
La filosofia produttiva dell’azienda ha da sempre rispettato l’ambiente perché basata per secoli sul modello agricolo tradizionale della rotazione delle colture e sulla diversificazione mirata e compatibile delle produzioni. Il rispetto per la terra e per le generazioni che l’hanno coltivata, le buone pratiche agricole insieme alla zootecnica, il rispetto per l’ambiente e il focus sull’efficienza energetica sono il leit motiv che contraddistingue l’azienda fin dalla sua nascita.
Gli importanti investimenti nel settore delle energie rinnovabili, sia nei pressi del Castello di Porcia che alla Fattoria di Azzano, iniziano nel 2010 e vengono costantemente rinnovati. Le tenute agricole Principi di Porcia fanno coesistere da secoli i comparti produttivi più diversi, ossia quelli del modello agricolo tradizionale (mais, soia, orzo, foraggio, noci, pioppi, asparagi, uva da vino e latte), mentre la fertilità del terreno garantisce la certezza di operare a basso impatto ambientale, ovviamente, anche in vigna. Grazie all’assoluta trasparenza del ciclo produttivo interno, i bovini vengono nutriti con il foraggio e i cereali al fine di un costante mantenimento della loro buona salute e di un’ottima produzione di latte. La loro sostanza organica, il loro letame, ricco di azoto, fosforo e potassio, è un motore eccezionale per l fertilità del terreno, che non necessita quindi di massicci apporti di fertilizzanti di sintesi. La diversificazione delle colture insieme alla loro rotazione diminuisce le lavorazioni dei terreni contribuendo ad un maggior controllo delle infestanti, facendo sì che si limiti l’uso dei diserbanti.
Le proprietà si suddividono tra la zona di Azzano Decimo, Porcia e Pramaggiore, estendendosi per 840 ettari di cui 143 vitati.
Simbolo della cantina oggi, dell’innovazione, della tecnologia e dei nuovi prodotti che seguono le richieste del mercato è la Ribolla Gialla spumante Brut 2020.
Un salto anomalo nell’ordine di degustazione ma che ho voluto scegliere per raccontare la Cantina del Castello dei Principi di Porcia dalle origini ai giorni nostri. Ed è proprio questa Ribolla che identifica l’attualità.
Vitigno a bacca bianca autoctono del Friuli Venezia Giulia e della Slovenia. Da sempre vinificato in versione ferma, ma che negli ultimi anni si è prestato molto bene alle versioni spumantizzate.
Giallo paglierino con una bollicina fine ed elegante alla vista ed al palato.

Profuma di fiori bianchi e gialli, di frutta fresca che ricorda la mela, la pesca e la frutta tropicale; note citrine al naso ed al palato la rendono fresca e vivace; la mineralità la racchiude nel suo terroir delle Grave.
Un vino versatile per un aperitivo di pesce, di fritti o salumi come un buon prosciutto crudo.
L’ho proposto con della sopressa e del radicchio alla griglia in agrodolce.
DALL’UVA AL VINO… DALLE VINACCE ALLA GRAPPA
Il percorso dalle origini ai giorni nostri della Cantina Principi di Porcia è terminato così.
Ma le uve, finiscono il loro percorso solamente con il vino?

Le vinacce che l’azienda recupera dalla vinificazione finiscono in parte negli impianti biogas, in parte vengono destinate alla distillazione per produrre un prodotto unico e identificativo della nostra regione e, ancora più in largo, della nostra nazione: la Grappa.
Ho proposto, come conclusione della degustazione, una Grappa Invecchiata che esprime tutti i caratteri della grappa friulana: elegante, calda con i suoi 45° alcolici, fine nei suoi profumi puliti di vinaccia non coperti dai 12 mesi trascorsi in botti di legno che le hanno conferito aromi di uvetta passa, mallo di noce e leggere note vanigliate. Immancabile conclusione con un assaggio di cioccolato fondente al 70%.


